lunedì 16 aprile 2012

Vicolo del Precipizio, di Remo Bassini


In una lettera di Rilke del 17 febbraio 1903 a un giovane poeta: "Se la sua giornata le sembra povera non la accusi; accusi se stesso, si dica che non è abbastanza poeta da evocarne le ricchezze; poiché per chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi differenti o miseri".
Il romanzo di Remo Bassini Vicolo del Precipizio,  è costruito su di una serie di luoghi e di ricchezze evocate, che raccolgono e diffondono il proprio valore sulla qualità preziosa dell'evocazione. Contenitore primigenio di questi luoghi è la sua scrittura, la sua idea e il suo passo di scrittura, come componente vitale: liturgia del sigaro acceso, finestra accesa nella notte insonne, silenzio. Vi sono alcuni momenti in cui si sente il desiderio di essere in quei luoghi, a testimoniarli o solo a viverli di passaggio. A sentirne l'aria, a spiarne i visi o a esserne spiato, fingendo di non esserci e di non saperlo. Ho avuto la sensazione che Remo sia dentro il romanzo in più ruoli e prospettive: fantasma dei suoi vicoli, lampeggiante incantato, parte viva delle sue pietre, dei ritrovi, delle lacerazioni, maledizioni e benedizioni che lo essenziano. Un occhio tra gli occhi, dentro e intorno agli occhi di un territorio di voragini e di addii che lo hanno formato, segnato di uno strano e complesso innamoramento perpetuo, che pervade ogni parte del libro. Testimone ma anche artefice e parte del fatto testimoniato, del suo profumo lontano.
Ho cominciato a leggere Vicolo del Precipizio sabato, e l'ho concluso ieri sera (Domenica):  fin dalle prime pagine ho avvertito la forza di questa  evocazione e la sua capacità di renderla intima anche per chi ne sia estraneo. Il lavoro di Remo è costruito sull'intimità del ricordo, snodato attraverso diversi livelli di tempo e di realtà, che confluiscono tutti attraverso la sua voce posata ma non stanca, paziente e nebbiosa, come quella di chi ti parla  quando si è appena alzato ed è al buio, senza una volontà di trattenerti, di colpirti o di volerti stupire troppo o a tutti i costi con le sue parole.
Remo  si concede a questa scorsa delicata e ingegnosa con grande competenza e ispirazione, ascoltando quasi da lettore le sue storie, come qualcuno che sta dall'altra parte a guardare il terrazzo e il fioco del suo portatile acceso nella notte.
Quello di Remo è un territorio vivo di memorie e visioni, di visi e di sguardi presenti e affettuosi perché assenti, e rivisitati nelle sequenze potenti e ispirate dei suoi squarci. Io ne ho trovati molti e credo che questi squarci siano il filo sottile e conduttore che anima il suo lavoro, rendendolo ancora più naturale e suggestivo nel suo bel suono: l'auto che si allontana con Battaglia; la piccola cardiopatica; la carezza di Antonio; il sorriso di Cristina per la guarigione; le  vicende tragiche e misteriose di provincia; le ossessioni degli affetti passati e presenti; l'appartenenza a un territorio delle origini, che oscilla tra l'accoglienza del riparo più noto alla soglia oscura del mistero; i suoi familiari, la loro fragilità e forza intrinseca e schiacciante.
Il punto di vista narrante si alterna tra una terza persona e una prima, introspettiva e compatta, lasciando la lettura accompagnata dalle diverse prospettive di visione, sempre mobili e mai ristagnanti.
E ancora: la scrittura come strumento operaio o contadino, lampada magica, arma contundente affilata o passaporto per un viaggio solitario di rivalsa o di perdita: ma in ogni caso necessaria.
Concludendo ancora con Rilke: "Un'opera d'arte è buona quando nasce da necessità. È questa natura della sua origine a giudicarla: altro non v'è".
Credo che nel tuo caso sia così, Remo. E aggiungo che quando un lavoro letterario è davvero e naturalmente necessario per chi ne sia l'artefice, lo sarà in egual misura per chi avrà la sensibilità di coglierlo e di raccoglierlo nella sua delicata urgenza di esserci. Come ti auguro che sia.
È tutto.

2 commenti:

Marco ha detto...

L'ho comprato (in ebook) ma non sono ancora riuscito a iniziarlo. Però leggo con regolarità il suo blog (che però di recente rimanda agli articoli pubblicati su Il Post). E mi è sempre piaciuto il modo di scrivere di Remo.

luigi ha detto...

Ciao Marco.
Te lo consiglio. Remo è scrittore di razza.
Un saluto,
luigi