venerdì 13 ottobre 2017

"Finsternis", anatomia e fine di una revisione


Credo che il peso di questo lavoro, dal suo primo seme fino agli ultimi passaggi di revisione, lo abbia avvertito come quello di due traslochi simultanei. Di solito la fase delle revisioni che decico ai miei progetti sono sempre velate da un filo di beatitudine, per la possibilità di rimettere ordine, una sorta di pulizia e di chiaro liberatorio, che concede ancora momenti illuminanti, scorse ispirate, non lontane da quelle assai più titaniche che appartengono al flusso di un primo getto. Ma con "Finsternis" è accaduto di tutto e il contrario di questo tutto. Anche la distanza dal primo getto ai progressivi interventi di revisione ha vissuto dei tempi e delle dinamiche singolarissime, dal momento che nulla di questo lavoro è stato programmato, ma mi è precipitato dentro e addosso, come un vecchio pianoforte a coda nella tromba delle scale durante un mio incauto passaggio. 
Lo stesso processo di revisione di questo romanzo breve ha risentito degli scossoni tipici di una fase fobica di primo getto, quindi le sue maledizioni, più che la beatitudine delle potature successive, con il loro lato più clinico. Ecco allora il motivo di questa sensazione di sfinimento, quella di avere sulle spalle due traslochi: l'afflizione di uno spazio mentale, che invece di aver avuto il tempo e il modo di organizzare un controllo è stato controllato, sfidato a procedere con gli stessi tempi misteriosi del primo getto. Come se "Fisternis" fosse nato per essere il getto di una fiammata, dal suo primo all'ultimo momento di apparizione nella mia vita. Ogni progetto ha la sua natura, le sue attitudini, inclinazioni, capricci, ossessioni. "Finsternis" ha comportato questo tipo di carico, che ancora sento dentro le ossa e dentro l'anima, mentre concludo questo post. Una risonanza ostinata a diventare un gorgo impegnativo e impervio di sosta, al quale non riesco più a sottrarmi e dentro il quale mi intrattengo ancora, fino a perdermici...





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